CAPODANNO, TAVOLA E STRENNE

I rituali di capodanno invocano la fortuna e la prosperità. C’è abbondanza di piatti e di dolci, che ricalcano l’arte della cucina natalizia. I cibi si vogliono ricchi e sontuosi, imbanditi sopra a vistose tavole. Primi generosi, come tortellini o paste ripiene, da servirsi rigorosamente in brodo di cappone. Fra i secondi, dominano la carni lesse ed arrosto. Fra queste l' arista e lo zampone . La carne di maiale era la preferita fra le pietanze di capodanno, perché il sacrificio del porco era stato appena compiuto.
I dolci che chiudevano la tavola di questa ricorrenza erano gli stessi del periodo natalizio. In quasi tutti comparivano l’uva passa e le mandorle, ingredienti che avevano a che fare con il buon augurio (come già le lenticchie ), simbolo la prima del denaro, l’altra del nucleo familiare e della fecondità. Fra le tipicità legate al filone della buona sorte, rintracciamo “la carenza”, una specie di pan dolce dove era nascosta una moneta che finiva in premio a chi la trovava nel suo boccone.
Capodanno anticamente era anche il giorno destinato allo scambio degli auguri e delle piccole donazioni. Già al tempo dei Romani era consuetudine nel periodo del solstizio, offrire le “streae” (strenne).
Fra queste, un rametto d’alloro, fichi secchi e datteri, affinché il nuovo anno recasse con se dolcezza e vita. Oggi questa ritualità si è spostata al Natale, e come strenna si usa regalare il vischio, segno di legame fra persone e tenacia di sentimenti, perché questo verde arbusto dalle minute bacche perlacee, vive sugli alberi e li stà abbarbicato.

 


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